Spaziani Testa (Confedilizia): «Tra le categorie più a rischio ci sono ristoranti e bar»
di Paola Dezza
L’effetto pandemia da coronavirus a livello economico ha avuto da subito un impatto importante sui negozi, e poi su ristoranti e bar e adesso anche sugli affitti residenziali. Una contaminazione a catena, non sanitaria, che potrà aggravarsi se la pandemia lascerà come strascico una pesante crisi economica.
Il lockdown deciso per evitare il contagio da Covid-19 ha fatto le prime vittime tra i proprietari di case destinate all’affitto breve e tra le grandi strutture alberghiere, da subito chiuse, ma si è steso poi ad altre categorie, in primis i negozi al dettaglio.
Ristoranti e bar a rischio
«Tra le categorie più a rischio – dice Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia -, ci sono senz’altro ristoranti e bar, soprattutto se non sono riusciti in questo periodo a fare consegne a domicilio. Arrancheranno anche nella fase di ripartenza perché dovranno attrezzarsi per distanziare le persone».
Altre categorie a rischio sono palestre e in generale i locali in cui si svolgono attività legate al benessere, «purtroppo sono a rischio anche cinema e teatri» aggiunge.
Quasi 2 milioni di negozi e botteghe
In Italia, fanno sapere da Confedilizia, le unità immobiliari di categoria catastale C1 (negozi e botteghe) sono 1.977.624 (dato Agenzia delle entrate). Di queste, 1.577.714 sono di proprietà di persone fisiche e 399.133 appartengono ad altri soggetti. Quelle locate da parte di persone fisiche sono 809.959 (dato Mef-Agenzia entrate). Si tratta del 51% del totale dei negozi posseduti da persone fisiche.
Si torna quindi a invocare la cedolare secca sui contratti esistenti per i negozi, un modo per tassare meno le locazioni e permettere ai proprietari di rivedere il canone, che viene in genere decurtato da imposte, spese e così via.
Quattro milioni di famiglie in affitto
Sul fronte privati sono oggi in Italia 4 milioni le famiglie che vivono in affitto, e secondo le stime di Confedilizia-Sunia (quest’ultimo è il sindacato degli inquilini) 200mila vivono oggi una situazione di criticità. Un problema, quello del residenziale, che si è manifestato con scoppio ritardato.
Il sindacato degli inquilini ha richiesto al governo il rifinanziamento del fondo di sostegno all’affitto, ma potrebbe essere efficace, dice qualche esperto, se si contemplassero procedure snelle e il versamento direttamente al proprietario delle somme. A tutela degli inquilini è stato varato uno stop degli sfratti, impossibili almeno fino al 30 giugno (art.103 comma 6 del Dl. 17 marzo 2020, n. 18). Una misura che si può definire populista dice qualche esperto.
Il tema è importante perché per molte famiglie di proprietari una seconda casa data in affitto è una fonte di reddito che integra uno stipendio magari esiguo o una pensione di anzianità.
Alla ricerca di un accordo
Dato che il problema ha un impatto considerevole sia sui proprietari sia sugli inquilini oggi si cerca la strada dell’accordo tra le parti. E scremare le richieste serie da quelle dei “furbetti” che cercano, seppur non in difficoltà, di farsi abbassare l’affitto. E questo vale negli affitti residenziali, ma anche nel settore del commercio. «Da subito alcune grandi catene di marchi internazionali hanno provato a percorrere questa strada, anche se non in difficoltà» dice ancora Spaziani Testa.
Bonuf affitti esteso nel decreto Aprile
Intanto si studia nel Decreto di aprile di estendere il bonus affitti (in termini di credito d’imposta del 60%), limitato dal Cura Italia a determinate categorie catastali, anche ad alberghi, capannoni d’azienda, ristoranti, bar e studi professionali.
«L’indurimento della domanda dipende dalla situazione economica – dice Luca Dondi, direttore di Nomisma -, il protrarsi della chiusura avrà effetti evidenti sulle capacità reddituali delle famiglie e molte di queste vivono in affitto, a questo segmento si rivolge infatti la parte più fragile e vulnerabile della popolazione. Non ci dobbiamo aspettare che il venir meno del lockdown porti al ripristino delle situazioni precedenti, perché l’indebolimento del tessuto economico si riflette sulla capacità di pagamento degli affituari e questo indebolisce anche i proprietari che fanno affidamento su tali redditi integrativi». Dondi vede quindi una tendenza negativa sui canoni, più reattivi rispetto ai prezzi, che resteranno invece inizialmente rigidi.
L’allarme delle agenzie immobiliari
Numeri certi ancora non ce ne sono, ma è allarme tra le agenzie immobiliari. «Le agenzie hanno ricevuto numerose richieste in questo ultimo mese e mezzo per rinegoziare i canoni per le difficoltà che interessano soprattutto i lavoratori precari – dice Gian Battista Baccarini, presidente di Fiaip (Federazione italiana agenti immobiliari)-. Lo stesso vale per gli studi professionali. Il tema rientra nella libera contrattazione tra le parti».
Gli aiuti sul territorio
Intanto sul territorio si prendono provvedimenti. A Firenze è partito oggi 20 aprile, un bando, attivo fino all’11 maggio, per avere diritto ad un aiuto per pagare l’affitto pari al 50% del canone fino a un massimo di 300 euro. Una cifra stanziata per dipendenti e lavoratori autonomi che abbiano perso il 30% del reddito a causa del coronavirus. Anche la Sicilia ha lanciato un fondo del valore di 8 milioni di euro, come “contributo affitto” per aiutare gli studenti universitari siciliani fuori sede.
«Non vediamo automatismo tra emergenza Covid e diritto di vedere ridotto il canone, – dice Massimiliano Campeis, socio dello Studio Campeis -. L’unica norma è relativa al recesso per gravi motivi, che è un istituto generale. La invoca chi vede incidere in maniera così forte l’emergenza sanitaria in atto sulla propria impresa da doverla cessare».
Fonte: Il sole 24 Ore